"writing about music is like dancing about architecture"

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A blog by The Hypnotoad

lunedì 29 aprile 2013

Uscire dal gruppo

John Frusciante.
Di lui parla questo post.

Ho conosciuto i Red Hot Chili Peppers a 15 anni, sono stati il mio secondo amore rock and roll, dopo i Ramones. In realtà li ho conosciuti ascoltando i primi dischi, quelli senza Frusciante. 
John Frusciante è uno dei chitarristi più famosi, uno dei più apprezzati e anche uno dei più particolari. Frusciante ha avuto quattro fasi, di lunghezza variabile: la prima fase, durata un solo album, ovvero Mother's Milk, era di emulazione del suo predecessore, Hillel Slovak, morto di overdose nel 1988, con aggiunte personali. La seconda fase, iniziata con BloodSugarSexMagik e finita con il suo secondo album solista, Smile From the Streets You Hold, prima di entrare in riabilitazione e disintossicarsi, lo vede alla ricerca (conclusasi con successo) di un suo sound personale, unito anche a una discreta dose di tecnica, poco comune nella sua generazione di chitarristi, quasi tutti di formazione più strettamente punk (Cobain, McCready e tutti quelli della scena Grunge, che in realtà, più o meno esplicitamente, si ispirano a Frusciante). Tra gli idoli di John, oltre a Pat Smear e Johnny Ramone c'erano anche Frank Zappa e Ace Frehley. Dopo BloodSugar, John passa un periodaccio: si perde in un inferno di droga, che lo rovina fisicamente, spiritualmente e mentalmente, oltre che musicalmente. Dal 1996  (anno a cui risalgono le ultime registrazioni per Smile From the Streets You Hold) al 1997 inoltrato, Frusciante non tocca la chitarra, e anche negli anni precedenti suona davvero poco. Inizia la sua terza fase, quindi, praticamente da capo. Ha perso gran parte della tecnica acquisita negli anni, ma non per questo si fa scoraggiare: cambia stile, e ne adotta uno più morbido, privilegiando l'espressività sulla tecnica, ispirandosi al post-punk di Joy Division e Smiths. I risultati si vedranno su Californication, By the Way e su tutta la discografia solista fino al 2005. Dal 2006 in poi, John ritorna in un certo senso alle origini, con assoli veloci e riff funkeggianti, riscoprendo Jimi Hendrix e Jimmy Page. Stadium Arcadium, il suo ultimo disco con i Red Hot Chili Peppers, e The Empyrean, il suo capolavoro solista del 2009, mostrano i frutti di una nuova (ma non troppo) ricerca sonora, che lo porta, negli anni 2000, a lavorare persino con i Mars Volta. Nel 2009 lascia i Red Hot Chili Peppers, anche se l'annuncio ufficiale avverrà solo due anni dopo, e nel 2012 escono i suoi ultimi due lavori solisti, incrocio tra Captain Beefheart, Syd Barrett, e l'elettronica anni '90.
Molto si è detto negli anni su Frusciante: ci sono i detrattori a prescindere, gli scettici documentati, quelli a cui non fa né caldo né freddo e gli entusiasti a prescindere. Quello che resta è un chitarrista creativo ed emozionante, che ha nel suo stile l'aggressività del punk unita alla psichedelia e all'emozionalità del post-rock anni '90. Soprattutto, John Frusciante non è solo "il chitarrista dei Red Hot", ma un artista completo (probabilmente l'unico del gruppo), che ama sperimentare. 

giovedì 25 aprile 2013

Apologia dei Pooh


Per inaugurare il blog, vorrei scrivere qualcosa di diverso.
La scelta cade sui Pooh.

Probabilmente io dai Pooh sono stato influenzato fin da piccolo, siccome mia madre possiede tutti i loro dischi, e sono stati una presenza costante nei lunghi viaggi in macchina tra Torino e qualunque fosse la destinazione. Come ci si aspetta da un normale ragazzino, li ho odiati tantissimo. Perché? Non lo so. In realtà i Pooh sono uno di quei gruppi che ti piacciono o li odi, senza vie di mezzo. Ebbene, quando il mio gusto musicale si è ampliato, ho provato ad ascoltare i Pooh per davvero.
Sono giunto alla conclusione che, in realtà, i Pooh sono fighi.
Ma perché sono fighi?
Innanzitutto, per le armonie vocali. Voglio dire, quanti altri gruppi con quattro cantanti (spesso contemporaneamente) conoscete? Ecco. Poi, i testi dei Pooh sono molto più profondi di quanto si pensi. Provate a sentire, ad esempio, il primo verso della tanto vituperata “Uomini Soli”:
Li incontri dove la gente viaggia e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia e la ventiquattro ore,
perduti nel Corriere della Sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché ogni giorno viene sera?
Ovvio, gli scettici a priori penseranno che sono versi scontati e sciocchi. Ma evidentemente non hanno mai preso un treno Venezia-Milano (o Milano-Torino), per dirne una. O non hanno mai camminato in centro a Milano al tramonto. Se l’avessero fatto, probabilmente, capirebbero quanto ci si può ritrovare, in questo testo. Quindi: armonie vocali, testi, e poi? Ma la parte strumentale, ovvio! I Pooh hanno una varietà compositiva da far invidia al 90% dei gruppi italiani. È vero, il 50% del repertorio dei Pooh è composto dalle “canzoni dei Pooh”, ovvero le ballate melense sull'amore,  sia esso avuto, perso, eterosessuale, omosessuale, di gioventù o chissà che altro; ma il restante 50% è una roba impressionante: prendiamo ad esempio “Parsifal”, “Asia Non Asia”, “Chi Fermerà la Musica”, “Giorni Infiniti”, la stessa “Uomini Soli”, “Ragazzo del Cielo (Lindbergh)” e soprattutto “Dove Comincia il Sole” e “L’Aquila e il Falco” (dall'ultimo disco di inediti, “Dove Comincia il Sole”, del 2010, il primo senza Stefano D’Orazio). Ascoltatene tre a caso, poi ditemi ancora che i Pooh sono schifo. Certo, c’è la regola (più o meno) stabilita da Luca Sofri nel suo “Playlist” secondo cui “due buone canzoni, nella vita, le scrivono tutti, come dicevamo da ragazzi, prima che arrivasse Nek”: ma nel caso dei Pooh, fidatevi, le buone canzoni sono molte di più.

sabato 20 aprile 2013

We're Only in It for the Money

sotto sotto, tutti noi siamo hater.
abbiamo qualcosa che ci fa veramente incazzare.
ecco, a me fa incazzare l'ignoranza musicale del presente momento storico. intendiamoci, anche io ascolto delle schifezze commerciali, ma ne sono consapevole e le vedo come tali e nulla più. ma a leggere articoli su articoli che osannano il nuovo disco di Gianna Nannini o dei Negramaro, o l'ultima raccolta di Jovanotti, mi girano le palle. 
questo blog vuole essere uno spazio per esternare il mio odio profondo per la situazione appena descritta, ma anche l'amore sconfinato per la meravigliosa musica che ci viene sistematicamente nascosta dallo strapotere delle radio e delle case discografiche, ma anche dalle fette di prosciutto che ci siamo lasciati mettere sugli occhi negli ultimi vent'anni.

grazie a Fabio Zuffanti, che con il suo "O Casta Musica" mi ha ispirato la creazione di questo blog. 
scrivo recensioni di dischi anche sulla pagina facebook "All Along the Watchtower".