"writing about music is like dancing about architecture"

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A blog by The Hypnotoad

lunedì 19 maggio 2014

High Fidelity: Steven Wilson

Scusate il ritardo, amici!
Questo post è pronto da parecchio, aveva solo bisogno di un paio di correzioni.
A conclusione della rubrica #RadioactiveToy sulla mia pagina facebook All Along the Watchtower, ecco la lista dei 5 migliori dischi a cui ha partecipato Steven Wilson, l'essenziale per comprendere ed amare questo genio del progressive moderno.


5. Blackfield, Blackfield II, 2007
Al quinto posto troviamo un disco anomalo (anche perchè in #RadioactiveToy non avevo parlato di questo progetto): il secondo album dei Blackfield, la band di Steven e Aviv Geffen, artista pop rock israeliano, presumibilmente conosciuto da Wilson durante la sua permanenza a Tel Aviv. La musica dei Blackfield è un pop malinconico, con forti venature prog all'inizio (sul primo album, eponimo), che andranno poi scemando nei successivi dischi. Anche se il primo disco è forse migliore dal punto di vista compositivo, i pezzi più rappresentativi della band sono su questo secondo lavoro.



4. Porcupine Tree, We Lost the Skyline, 2008
In una top 5 di Wilson e dei PT non può mancare un disco dal vivo: questo però è un disco dal vivo anomalo. E' stato registrato per puro caso, o pura fortuna, in occasione di una performance in un negozio di dischi, ma la peculiarità è che è suonato dai soli Wilson e (in alcuni pezzi) Wesley: doveva esibirsi tutta la band, ma per mancanza di spazio si sono potuti esibire solo loro due, e qualcuno ha avuto la brillante idea di registrare il tutto.
L'esibizione mostra la vera grandiosità di Steven: essere un grande songwriter (ascoltare le versioni qui spogliate di tutto di "Stars Die", "Normal" e "Trains" per credere) e trasmettere emozioni potentissime anche in un contesto semplicissimo come quello acustico, chitarra e voce.
Una chicca da recuperare assolutamente per tutti, non solo per i completisti.



3. Porcupine Tree, Lightbulb Sun, 2000
"Lightbulb Sun" chiude la seconda fase dei Porcupine Tree (la fase band con Chris Maitland, per intenderci), e lo fa col botto: oltre ad essere uno splendido manifesto prog ("Russia On Ice"!), contiene alcune delle migliori canzoni pop di Wilson, "Shesmovedon" e "The Rest Will Flow". Una splendida chiusura, malinconica e struggente, che ricorda i Pink Floyd di Animals. Inoltre, sul disco iniziano a sentirsi i presagi della fase successiva della carriera dei Porcupine Tree, con sonorità che chiamano a gran voce il metal.


2. Porcupine Tree, Fear of a Blank Planet, 2007
Capolavoro assoluto dei Porcupine Tree: una riflessione sull'alienazione derivante dalla tecnologia, in tempi decisamente non sospetti (nel 2007 molte cose che a noi appaiono scontate, con la totale integrazione di internet sui cellulari e sulla totale presenza di internet nelle nostre vite, non erano scontate affatto).
Wilson analizza la mente umana in modo impressionante, con testi incredibilmente empatici.
Musicalmente è una mattonata in faccia, tanto è potente: anche un pezzo "pop" come "Sentimental" penetra strisciando nella mente e nel cuore dell'ascoltatore.
Se non bastasse, sulla maestosa suite prog "Anesthetize" c'è Alex Lifeson dei Rush, e su "Way Out of Here" c'è Robert Fripp dei King Crimson.



1. Steven Wilson, Grace for Drowning, 2011
Eccolo qui, il capolavoro assoluto. Dopo un primo album solista (se si esclude la collezione di cover pubblicata a metà degli anni 2000) interessante ma ancora acerbo (anche se tecnicamente tutti i primi album dei Porcupine Tree sono suoi dischi solisti), su Grace for Drowning il genio esplode in tutta la sua bellezza. L'album è registrato quasi interamente da Wilson, con l'aiuto di alcuni ospiti tra cui Steve Hackett e Jordan Rudess, e contiene composizioni coraggiose, dolci e geniali. Inoltre, c'è il miglior pezzo pop di tutta la sua carriera, "Postcard". GfD aprirà la strada a una nuova fase di fama mondiale per Steven, che durante il tour di promozione si guadagnerà la fama di nuovo guru del progressive e l'ammirazione quasi unanime degli artisti storici (e non solo). 
Semplicemente immenso.